Una riflessione ironica su un’unica e snaturata tradizione

Ogni volta che mi chiedono: “Che tipo di yoga pratichi?” la mia mente si blocca per un istante, come se avessi dimenticato le mie carte di identità spirituale a casa. “Tipo?” mi ripeto tra me e me. Non ho idea di come rispondere. Mi viene in mente una di quelle pubblicità di gelati con 57 gusti diversi, come se dovessi scegliere tra il pistacchio tantrico o la vaniglia del Hatha avanzato. Ma, a pensarci bene, qual è il “tipo” di yoga che pratico? E soprattutto, da quando lo yoga è diventato un assortimento di stili come una collezione di scarpe?

“Lo Yoga non è una competizione di contorsionismo”

Non fraintendetemi, non ho nulla contro chi ha un proprio “stile” di yoga. Rispetto chi fa Ashtanga con la devozione di un maratoneta olimpico o chi si destreggia tra posizioni di Vinyasa con la flessibilità di un contorsionista. Ma ecco il punto: a volte mi sembra che la nostra idea di yoga sia stata presa, masticata, ingoiata e digerita da un occidente affamato di novità e trasformata in qualcosa di quasi irriconoscibile. Un po’ come quando raccontiamo quella volta che abbiamo mangiato “pasta italiana autentica” in un ristorante a New York… con ketchup.

Avete mai pensato che lo yoga, quello vero, quello tramandato dai maestri, non era proprio pensato per essere venduto come un corso di spinning? Che forse, ma dico forse, l’idea non era quella di raggiungere un sedere perfetto a forza di posture strane con nomi ancora più strani?

“Cosa penserebbe un antico yogi?”

Se potessimo chiedere a un antico yogi indiano “Che tipo di yoga pratichi?”, immagino che lui o lei ci guarderebbe con la stessa espressione perplessa di un cane che cerca di capire perché il suo padrone parli con un aspirapolvere. Lo yoga, amici miei, è uno solo. È un viaggio verso l’interno, non una competizione su chi riesce a fare la verticale meglio senza cadere rovinosamente sulla faccia (e ci siamo passati tutti, ammettiamolo).

Eppure, eccoci qui, nel 2024, con decine di tipi di yoga diversi tra cui scegliere. Hot Yoga, Power Yoga, Acro Yoga… manca solo “Yoga in pigiama mentre guardi Netflix” e abbiamo completato l’offerta. Non mi sorprenderebbe scoprire un giorno che esiste davvero. E immaginate un antico saggio che si grattava la testa: “Tutto questo per stare seduti in silenzio e capire che tutto è un’illusione?”

Forse la colpa è un po’ di tutti noi che cerchiamo disperatamente la nostra versione di “felicità pronta all’uso”. Vogliamo un yoga che ci rassicuri, ci sfidi, ci faccia sentire speciali, senza mai farci sentire troppo a disagio. È la versione new age della palestra: devi sudare, ma non troppo; devi rilassarti, ma con il giusto sottofondo musicale (mi raccomando, niente più sitar a volume alto, potrebbe disturbare l’aura del vicino).

“Ricordare la vera essenza dello Yoga”

Eppure, mi piace pensare che ogni tanto qualcuno si ricordi che lo yoga non ha “tipi”, ma solo pratiche e percorsi. Un po’ come la vita, non è vero? È un continuo equilibrio (letteralmente e metaforicamente) tra ciò che è e ciò che sembra essere. Non esiste uno “Yoga per migliorare il mal di schiena” e uno “Yoga per illuminarsi la domenica mattina”; esiste solo lo yoga, come strumento per guardare dentro di noi e ridere della nostra assurdità umana.

“Una risata tra un Asana e l’altro”

Quindi, la prossima volta che qualcuno mi chiede “Che tipo di yoga pratichi?”, forse risponderò: “Il tipo in cui cerco di capire come non prendermi troppo sul serio mentre tento di toccarmi le dita dei piedi”. Ma voi, cari lettori, fate come vi pare. Dopo tutto, in questo grande circo chiamato vita, l’importante è divertirsi. Namasté e vi aspetto.